Il reato di corruzione della guardia di finanza può riguardare anche l’offerta non accettata di somme di denaro per evitare il sequestro della merce oggetto di controllo.
Il fenomeno della corruzione è storicamente una delle peggiori piaghe della nostra società. Nonostante il settore più a rischio sia quello dei lavori pubblici, qui di seguito vedremo come esso sia divenuto un fenomeno diffuso anche tra gli imprenditori cinesi.
È risaputo che spesso nei negozi gestiti da cinesi sia possibile trovare prodotti ad un prezzo altamente conveniente, che purtroppo, nella maggior parte dei casi si tratta di beni vietati alla commercializzazione in Italia e nell’Ue.
Nel corso dell’ordinaria attività di repressione della criminalità, con annessa attività di sequestro di merce non a norma, le Fiamme Gialle capitoline hanno proceduto all’arresto di un imprenditore cinese, socio e titolare di alcune attività commerciali sottoposte al controllo della Guardia di Finanza, reo di aver tentato, vanamente, di corrompere i militari che stavano procedendo al sequestro.
Il fatto è accaduto a Roma, in uno dei tanti negozi gestiti da imprenditori cinesi che si occupano, soprattutto, della vendita di giocattoli per bambini e accessori per smartphone.
È fenomeno noto alle forze dell’ordine che spesso la merce importata dagli imprenditori cinesi e venduta nei loro negozi non sia conforme ai requisiti di sicurezza previsti dalla normativa europea a tutela del consumatore.
Durante l’attività di controllo dei finanzieri è stata rinvenuta una ingente quantità di merce di scarsa qualità e potenzialmente pericolosa per gli acquirenti contrassegnata col falso logo CE.
Nella fattispecie, infatti, il basso prezzo di tali prodotti attrae il consumatore che, sotto l’inganno del falso logo CE, vede nel prodotto esclusivamente la convenienza dell’affare.
Questo business genera per gli imprenditori cinesi notevoli quantità di denaro, ed è per questo che il tentativo di corrompere gli agenti delle forze dell’ordine, ad esempio attraverso la classica mazzetta di denaro, è divenuta una pratica sempre più diffusa tra gli imprenditori orientali del settore che operano nel nostro paese.
Sequestro Guardia di Finanza e tentativo di Corruzione
L’operazione della guardia di finanza si inquadra nel più ampio dispositivo di contrasto alla commercializzazione di merce che non sia conforme ai requisiti di sicurezza previsti dalla normativa europea a tutela del consumatore.
Nel caso di cronaca di cui si tratta, è avvenuto che, durante il controllo della merce da parte dei militari, uno dei soci titolari insistesse nel voler offrire un caffè al sottufficiale della Guardia di Finanza, con l’intento di allontanarlo dagli altri per avere con quest’ultimo un colloquio in privato.
Il capopattuglia ha però categoricamente rifiutato l’invito ad appartarsi per un caffè, ed allora l’uomo di origine cinese ha tentato di corrompere gli altri militari inserendo tra i vari verbali delle fiamme gialle la somma di 1.000 euro in contanti con l’intento di farli desistere dal sequestro.
L’attività dei finanzieri ha portato al sequestro di circa mezzo milione di prodotti che avrebbero portato circa 1 milione di euro di fatturato.
Il tentativo dell’uomo di origine asiatica era finalizzato ad evitare appunto il sequestro e la consequenziale perdita di denaro, ma adesso per lo stesso imprenditore si prospetta un processo.
L’offerta di una mazzetta di banconote agli agenti delle fiamme gialle è costato caro al titolare dei negozi.
Corruzione Guardia di Finanza
La corruzione è un reato consistente nell’accordo tra un soggetto privato ed un funzionario pubblico, il quale accetta dal primo un compenso che non gli è dovuto, in cambio di un “favore”.
Nel caso di specie, il “favore” consisteva appunto nell’evitare il sequestro della merce non a norma. L’offerta di denaro in questo caso non è stata accettata dagli agenti della guardia di finanza, ma ciò non esclude la punibilità della condotta dell’imprenditore asiatico.
Infatti l’imprenditore cinese, che ha vanamente provato a corrompere i finanzieri, è stato immediatamente arrestato al termine delle attività di controllo.
Il magistrato incaricato del caso ha poi disposto per lo stesso gli arresti domiciliari in attesa del processo per istigazione alla corruzione.
Tale fattispecie incriminatrice, per la quale l’imprenditore cinese rischia di essere punito con la reclusione da 1 a 3 anni, è disciplinata dall’art. 322 del codice penale.
Si tratta di una fattispecie autonoma di delitto, che si configura come reato di mera condotta per la cui consumazione è previsto che il soggetto colpevole agisca con lo scopo di ottenerne una utilità, che alle volte, come in questo caso, può consistere in un comportamento omissivo del pubblico ufficiale, indipendentemente dal verificarsi o meno del fine cui è preordinata l’istigazione.
Sono stati, invece, denunciati gli altri due soci cinesi per aver importato illegalmente all’interno del territorio italiano la merce sequestrata nonché per il possesso di 9.600 euro in contanti, in osservanza delle norme antiriciclaggio.